La lìsia
Ogni settimana la donna lavava i panni sporchi, lo faceva nella corte di casa utilizzando il mestèlo e la tòlada lavàre e lavorando col sapone e col bruschéto, i panni venivano poi sciacquati alla fontana della contrada oppure nella vale (il torrente) in compagnia delle altre donne, per cui fare il bucato diveniva momento di chiacchiere e incontro.
Ogni due mesi circa faceva la lìssia, un bucato straordinario che durava più giorni, nel quale lavava anche le lenzuola o altra biancheria che si cambiava più raramente.
Prima i panni venivano lavati a mano nel mestelo, quindi si preparava la bróa mettendo a bollire nel caliéro acqua sufficiente a ricoprire la biancheria, aggiungendovi cenere del focolare e spesso anche foglie di doràro (alloro) per profumare i panni, o calce per farli più bianchi. Quando la bróa aveva bollito per mezz’ora circa, la versava ancora bollente nel mestèlo dove erano i panni, trattenendo la cenere col bugarólo, una tela a trama fitta.
Il giorno seguente la donna levava il lissiàso, ovvero l’acqua in cui erano stati immersi i panni, conservato poi per il bucato settimanale, e riprendeva a lavare; quindi resentava i panni alla fontana o nel torrente.
Le lenzuola venivano strizzate da due donne arrotolandole strette, poi riposte in ceste portate sulle spalle con il bigòlo fino a casa e infine stese ad asciugare sulla soga da lissia (una corda tesa tra due alberi vicini) o sull’erba.
Tratto da: Civiltà rurale di una valle veneta - la Val Leogra, AAVV 1976